Socrate

Il contesto storico di Socrate è lo stesso dei sofisti.

Socrate non scrisse nulla, e dunque non lasciò testimonianze diretta di se. 

Socrate fu anche protagonista di altri scritti, detti discorsi socratici, in cui troviamo notizie sulla sua vita e sul pensiero di un uomo che doveva essere visto come una figura davvero fuori dall’ordinario. 


Socrate fu considerato l’esempio più limpido e coerente di un uomo giusto, ma fu processato da un tribunale popolare di Atene e condannato a morte nel 399 a.C.. Socrate fu messo a morte proprio durante il periodo della restaurata democrazia, dunque in una fase di crisi della politica della democrazia, in cui il potere avvertiva come una grave minaccia le istanze critiche di un personaggio popolare come lui. Socrate fu accusato e riconosciuto colpevole di non onorare gli dei della sua città, anzi di aver importato nuove divinità e di aver corrotto i giovani. quindi si capisce che Socrate non fu condannato da un gruppo ristretto di persone ma dalla maggioranza di una giuria popolare composta da 500 persone. 


La morte fu in un certo qual modo il sigillo estremo della grandezza spirituale di Socrate. Egli trascorse serenamente in carcere quel periodo di attesa, conversando con gli amici, rifiutandosi di evadere. la morte di Socrate può essere interpretata come l’atto conclusivo e il drammatico coronamento di un’esistenza vissuta all’insegna del rigore morale e del perfezionamento interiore. 


Per capire il senso filosofico di questa morte dobbiamo ricorrere itinerario spirituale socratico. Socrate inizia la sua ricerca recandosi presso gli uomini che avevano fama di grande sapienza. 

Socrate è il più saggio perché sa di non sapere, mentre gli altri mancano di tale consapevolezza e anzi spesso si vantano di sapere ogni cosa. Socrate aveva una missione divina cioè scuotere gli uomini dal loro torpore spirituale. Probabilmente Socrate è stato condannato anche per questa sua modalità di pungo lare incessantemente gli uomini e costringerli a dubitare delle loro certezze. 


Socrate metteva in crisi coloro con cui dialogava, insinuando in loro il dubbio o più esattamente quell’attitudine tipica della filosofia a chiedersi sempre “che cosa è ciò?”, “perché questo?”. Socrate insegnava non accettare mai idee o giudizi senza prima essersi interrogati a fondo sul loro significato. 



Il metodo adottato da Socrate si componeva di due momenti fondamentali: uno critico e negativo, l’ironia, l’altro costruttivo e positivo, la maieutica.  dialogando con i suoi interlocutori, Socrate chiedeva loro di pronunciarsi su un particolare tema e ascoltando la risposta, mostrava in prima istanza di accettarla come valida. Egli dichiarava di non conoscere l’argomento in questione, sostenendo che senza dubbio il suo dono antagonista avrebbe potuto mostrargli la propria scienza attraverso discorsi esaustivi e chiari. Poco per volta risultava chiaro che anche l’interlocutore, al pari di Socrate, non sapeva realmente che cosa fosse ciò di cui si parlava. 

Socrate riteneva che ognuno dovesse sforzarsi di individuare sviluppare dentro di sé i germi della verità. 

Il compito che Socrate si attribuiva può essere così sintetizzato: 

  • Socrate, come le lavatrici greche, che erano tutte anziane e dunque non più in grado di partorire, non poteva egli stesso generale, cioè non poteva proporre nuove conoscenze dal momento che sapeva di non sapere e non era esperto in nulla
  • la sua missione consisteva nell’esaminare nel mettere alla prova i giovani, in modo da capire se le loro intelligenze fossero gravide di pensieri giusti e degni di essere sostenuti o, al contrario, di illusioni e falsità da lasciar cadere
  • il contesto educativo in questa missione si esplicava era quello del dialogo tra amici, fatto di domande e risposte brevi e incalzanti. Perché il dialogo conseguisse gli esiti desiderati era necessario che ci fosse fiducia reciproca e una comune aspirazione alla verità.



Socrate quindi concepiva la sua missione come un invito a ragionare perché attraverso il dialogo ci si libera dei concetti sbagliati e si arriva a capire ciò che è bene fare. diciamo che si trattava di un tipo di conoscenza che si conseguiva nell’interiorità della propria anima e che conduceva la consapevolezza di sé stessi e dei propri limiti, così come dei limiti della sapienza stessa. 


Il suo ruolo non era quello del saggio del maestro, ma semplicemente di aiutare e riflettere e trovare una soluzione personale problemi. 


Secondo Socrate le singole virtù, o competenze, non bastano per realizzare una vita davvero soddisfacente e che sia necessario raggiungere una visione unitaria della virtù, che si identifica con la sua filosofia stessa, ossia con quello che si può definire un bere proprio stile di vita, votato alla ricerca. 


Socrate afferma che chi conosce il bene non può commettere il male, ritenendo che la virtù morale derivi dalla retta consapevolezza del bene. Un'azione giusta è frutto di giusta conoscenza; un’azione immorale scaturisce da errori e ignoranza. 


Socrate doveva essere una persona rigorosa ed equilibrata che, con ogni probabilità, era arrivata a uno stadio di perfezionamento psicologico e morale tale da non avvertire il conflitto presente in ognuno tra la ragione e gli istinti.  


Con Socrate la psiche diventa anima, cioè vita interiore. Per Socrate l’anima è la dimensione più profonda dell’uomo, è la sua personalità morale. Guardando nell’anima l’uomo scopre ciò che è veramente bene fare.  Socrate vedeva nella cura dell’anima la più importante dell’attività umane, per il semplice motivo che l’anima ciò che qualifica l’uomo come tale. 


Socrate lasciò alla filosofia occidentale la prima concezione dell’anima come centro della personalità morale dell’uomo e la dottrina della cura dell’anima da perseguire attraverso la conoscenza e il dialogo. 

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